Primo

di jimmuzzu

Oggi nevica che dio la manda. Mai visto niente del genere, a parte nel Dottor Zivago. Invidio i bambini -grandi e cresciuti- che trovano la cosa affascinante o divertente: vorrei avere la loro spensierata freschezza, ma non ce l’ho. A me girano i coglioni, e se riesco a tornare a casa senza rompermi una gamba -come ho rischiato stamattina quelle quattro o cinque volte  mentre andavo al lavoro – mi ci barrico e fanculo a tout le monde. E’ il clima giusto per leggere Primo Levi. Chissà perchè in quasi quarant’anni non mi ero ancora deciso. Anni di muta e ignorante ammirazione, e solo l’altro giorno ho comprato Se questo è un uomo e I sommersi e i salvati. Un po’ avevo paura di deprimermi troppo. Un po’ ho sempre avuto questa tendenza a “tenere da parte qualcosa per i tempi di magra”, tipo gli scoiattoli che si riempiono le guance di noccioline. I tempi di magra sono arrivati. Da un pezzo non mi capitavano letture appassionanti, e Primo Levi ha colmato questo vuoto. Mi sta abbagliando tanto quanto Natalia Ginzburg, che pure mi ero tenuto da parte per la vecchiaia, mi aveva deluso. E’ come me lo aspettavo: lucido, razionale, implacabile. Quando ti senti circondato da imbecilli, rifugiarsi nelle riflessioni di una mente superiore è rigenerante e consolatorio. Ecco un altro che mi sarebbe piaciuto conoscere, anche solo per lustrargli le scarpe e mettergli in ordine la scrivania. Dalle interviste sembra un uomo non solo intelligentissimo, ma anche piacevole. Ha quella grazia, quella cortesia, quella pacatezza oggi praticamente introvabili. Mi sta facendo lo stesso effetto che -in tempi ormai lontani- mi fece la lettura di Virginia Woolf. Se l’umanità può produrre individui di questo tipo, allora non tutto è merda e idiozia ed egoismo. Mi pare di respirare, come quando chiacchieravo con mio padre. Al tempo stesso mi sento un vermiciattolo. Insomma, questo aveva il cervello che gli fumava, e ben prima della mia età aveva pure una maturità che io sono ben lontano dal raggiungere. Mi sa che ero poco più che quattordicenne quando si gettò dalle scale e morì. Ricordo la faccia di mia madre alla notizia. Ricordo la sensazione di ineluttabilità del male che mi assalì. Abbiamo perso molto, come avvenne per Pasolini. E non abbiamo perso solo un testimone. Credevo che Primo Levi fosse giusto un lucido e attento cronista del lager. Mi sono dovuto rendere conto che i suoi scritti trascendono questa esperienza, per quanto capitale e sconvolgente, e penetrano in maniera quasi chirurgica nel tessuto della natura umana. Per uno come me, ossessionato dal ricordare, la disamina meticolosa dei meccanismi della memoria, che apre I sommersi e i salvati e che va avanti per pagine e pagine, è stata spiazzante e dubito che smetterà presto di macinarmi in testa. Sempre se riesco a farcela attraverso la tormenta.