I wanna kill you in Paris

Abrenuntio

E rieccola. Se volessi darmi un tono da intellettuale, sciorinerei tutti i punti deboli di questa canzone, di questo video, di lei. E’ uno sport a diffusione mondiale. Più sei una merdina sfigata che vuole apparire colta e raffinata e alternativa, più spari su Madonna. Quando l’unica cosa che dovresti fare sarebbe non dico tagliarti coerentemente le vene nel buio della tua cameretta, ma perlomeno tacere, se proprio sei così rarefatto e sucato. Io delle cose di cui non m’importa non parlo. Ma in fondo è sempre stato così. Ho vaghi ricordi di un tempo in cui Madonna veniva percepita come fresca e rivoluzionaria. Il vento è cambiato subito, e la povera crista suprema è diventata il Male. Essere suo fan non ha mai fatto figo, ed ecco spiegato in poche parole perchè lo sono. Sarò superficiale, sarò banale, fatto sta che detesto il populismo di ritorno e sono troppo snob per non amare qualcosa che è sempre stato utile snobbare. Madonna è un moloch che nessuno distruggerà. E’ esistita sempre. E’ una categoria dello spirito. E’ una catastrofe naturale. Ci sono periodi in cui credi di esserti messo al riparo, ma sono illusori. Puoi fare appello alla razionalità, ma arriverà sempre il momento della resa. Il momento in cui le bastano tre parole cretine in croce, due passettini e un’occhiata per liquidare con nonchalance qualsiasi appunto, qualsiasi critica, qualsiasi sarcasmo. Il mondo avrà pure tutte le ragioni a demolirla, ma guardatela: lei se la ride e ha l’aria di godersela. E’ scema lei, o è scemo il mondo? La cosa affascinante è il suo potere di infondere forza alle stronzate, trasfigurarle, renderle incontrovertibili. Insomma, la canzone potrà pure essere bollata come stupidina, ma gli assunti che propone sono difficilmente contestabili, sempre se non avete un cece al posto del cervello. Tutto il contrario di “Masterpiece”, a ben vedere, che si presenta con la serietà e la compunzione di un testo sacro e invece è un cumulo di stronzate ben confezionato. E’ una deriva lungo la quale si potrebbe arrivare a sostenere che tra Nicky Minaj e M.I.A. la personcina di sostanza sia la prima e non la seconda, ma non arriverò a tanto. Mi stanno simpatiche entrambe, ma di una simpatia che trascolora nella compassione: è risaputo che quando ti accosti a Madonna il rischio di bruciarti come una falena è consistente. Ed entrambe mi sono poco conosciute. Ammetterlo non fa figo, ma i miei valori sono capovolti. Senza contare che l’irrisione è ai miei occhi molto più importante della verità, e sono finiti i tempi in cui sprecavo energie a dimostrare l’evidenza, a dimostrare che non tutte le mie conoscenze passano per Madonna. Se volete pensare che io abbia ucciso mio figlio, quando in realtà è stato un dingo, fatelo pure. Se volete pensare che Madonna sia il mio nome d’arte, fatelo pure. Se volete pensare che conosca e apprezzi M.I.A. e la Minaj grazie a questa collaborazione, tanto meglio. La verità è che le trovo due belle bamboline, ognuna con una sua funzione precisa. Spero che da Madonna traggano più vantaggi che danni, ma fossi in loro non mi farei troppe illusioni. Lei ha avuto ciò che voleva. Due ancelle per il suo rito autocelebrativo. E intanto ha sfondato porte con la carrozzina, manco fosse la madre de La corazzata Potemkin, si è fatta inseguire e sostenere da una mandria di giocatori di football, ha camminato spensierata sui loro giubbottini, e lanciato alle ortiche un simbolico bambolotto, il tutto ostentando superiorità, divismo, e indifferenza alle regole dei comuni mortali. Ho sempre pensato che fosse un’ingenuità vedere Madonna come una rivoluzionaria, come qualcuno in grado di portare avanti battaglie e vincerle, ma mi devo arrendere. Temo che se un giorno ci saranno meno pregiudizi, se un giorno ci saranno meno teste di cazzo, se un giorno la gente vedrà un po’ più in là del proprio naso e giudicherà in modo un po’ più libero da condizionamenti idioti, lo si dovrà anche a questa povera crista. Certo, ci sarà anche un po’ più di frocitudine, perchè è impossibile non sentirsi ancora più froci e non desiderare dei pon pon dopo questa canzone, ma certe cose hanno un prezzo. Ed è qui che si comincia a pagare. Col sudore. E non è tutto.

In un altro tempo, in un altro luogo

Quando ero piccolo una cosa soprattutto non riuscivo a capire: perchè cazzo dovessi crescere in un oscuro paesino della Calabria. Ricordo distintamente una sera d’inverno in cui, presumo davanti a film di Douglas Sirk, chiesi a mia madre “Ma scusa, perchè non andiamo a stare a Hollywood?”. All’epoca non avevamo gatti, ma chissà perchè me la immagino alzare la testa sconcertata mentre ne spulcia uno accanto al fuoco. I bambini sono delle teste di cazzo, su questo non ci sono dubbi, eppure più ci ripenso più mi dico che tutti i torti non li avevo. Ci saremmo evitati il ventennio berlusconiano, se non altro. Non ci saremmo ritrovati al centro della crisi e alla periferia dell’impero, bensì nella situazione esattamente contraria: al centro dell’impero e alla periferia della crisi. Senza contare che invece di passare il tempo a farmi stupidi autoscatti manco fossi Frida Kahlo, starei lì a paparazzare divi e povere criste coi controcazzi, o più probabilmente a pattinare a Venice in shorts con una parrucca bionda. Perchè non ce ne siamo andati? L’ideale dell’ostrica, o della vongola, o della cozza, o di quel cazzo che è, Verga mi perdoni. Mancanza di lungimiranza. Acquiescenza. Pigrizia. Ieri leggevo Levi, e mi sono imbattuto in un passaggio de I sommersi e i salvati che mi ha ricordato quest’episodio, e che mi ha messo in crisi. Uno dei tanti passaggi, intendo. Pare che una delle domande più frequenti che Levi si sentiva rivolgere fosse questa: “perchè non ve ne siete andati prima della deportazione, perchè siete rimasti?”. E lui non solo elenca una serie di ragioni che ora non starò a ripetere, ma sposta l’interrogativo: perchè noi, adesso, restiamo dove siamo e non ci trasferiamo dall’altra parte del mondo? Il libro è degli anni 80, la minaccia nucleare era sentita molto più di ora, e Levi parla, a ragione, dell’Europa come di uno dei territori che più sarebbero stati colpiti in caso di guerra atomica. Ora, senza arrivare a immaginare conflitti estremi, perchè cazzo ce ne stiamo qua, in un paese di merda, in una situazione di merda, ricoperti pure da metri di neve, e non ce ne andiamo in Polinesia? Ci meritiamo tutto.